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Tribunale di Padova – Sezione del Riesame – Sentenza n. 22 del 01.03.2017 (dep. in data 01.03.2017) – Giudice Estensore dott.ssa Sara Ballarin – imputato XY

Artt. 110, 81, 48, 479 c.p. – art. 253 c.p.p – art. 42 Costituzione – art. 1 primo protocollo addizionale CEDU – attività di captazione – falsità ideologica – errore determinato dall’altrui inganno – sequestro – perquisizione – nesso di pertinenzialità tra res sequestrata e reato ipotizzato – relazione di immediatezza – diritto di proprietà – libera iniziativa economica privata –

“ Il decreto di sequestro deve contenere un nucleo motivazionale volto a veicolare, in modo preciso, rispetto ai fatti per cui si procede, l’idoneità rappresentativa costituita dalla res in concreto, nonché le ragioni che rendono necessaria la misura ablativa.

La sussistenza di una relazione di immediatezza, più o meno intensa, tra il bene e la fattispecie di reato non solo permette di individuare le cose suscettibili di sequestro, ma fonda anche la capacità rappresentativa del fatto, presunta dal legislatore proprio in forza del rapporto tra res ed illecito”.

COMMENTO A SENTENZA N. 22/2017 RIMCR TRIBUNALE DI PADOVA

Nel corso di attività di captazione nell’ambito di reati connessi al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la Squadra Mobile coglie delle chiamate tra un commercialista e un avvocato ed ipotizza che tra i due ci sia una collaborazione al fine di procurare visti per lavoro autonomo a favore di stranieri.

Il Pubblico Ministero conseguentemente dispone la perquisizione locale (abitazione e studio) e personale del commercialista.

A seguito delle perquisizioni vengono rinvenute e quindi sottoposte a sequestro due cartelline, nonché viene fatta e posta sotto vincolo la copia dell’intero sottosistema informatico di elaborazione e gestione del traffico di informazioni (cd. server) dello studio professionale.

Secondo la Procura, cartelline e server sono cose pertinenti al reato di cui agli artt. 110, 81, comma 2, 48, 479 c.p.

Secondo la Difesa che, prontamente impugna il decreto di sequestro ed opportunamente, non approfondisce il rispetto del principio di adeguatezza e proporzionalità di cui all’art. 275 c.p.p., che anche recentemente ha portato ad esiti negativi in termini di tutela dell’indagato. (vedasi Cass. n. 25527 del 30.05.2017), manca il fumus commissi delicti e il nesso di pertinenzialità tra bene oggetto di sequestro e reato contestato.

La difesa e quindi la risposta che la stessa ottiene dal Collegio giudicante sono degne di commento, perché scardinano l’automatismo attuato dalla Pubblica Accusa alla fonte ovvero che il commercialista quando lavora lo fa con il pc (scrive, fa ricerche, archivia…), qualora indagato, può essere privato dello stesso in quanto cosa – senz’altro – pertinente al reato.

Come ha osservato il Tribunale del Riesame, riprendendo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nel 2014, con la sentenza n. 28515, quando si procede con misure cautelari reali non è sufficiente la mera postulazione dell’esistenza di un reato, ma si deve sempre dimostrare – almeno indiziariamente – la congruenza dell’ipotesi di reato con la misura applicata e lo si fa motivando l’ordinanza con concrete risultanze processuali.

Il Tribunale ha aggiunto, inoltre, a proposito di vincolo pertinenziale, richiamandosi al codice di procedura penale, che non tutte le cose pertinenti al reato sono sequestrabili, ma solo quelle che sono necessarie per l’accertamento dei fatti.

Il Collegio ricorda, infatti, ed applica il concetto giurisprudenziale di “relazione di immediatezza”: la sussistenza di una relazione, più o meno intensa, tra il bene e la fattispecie di reato che non solo permette di individuare le cose suscettibili di sequestro, ma fonda anche la capacità rappresentativa del fatto, presunta dal legislatore proprio in forza del rapporto tra res ed illecito.

In conclusione, qualora tutto ciò non venga dimostrato, qualsiasi limitazione del diritto di proprietà risulta illegittima, perché posta in violazione della Costituzione Italiana (art. 42) e del Primo protocollo addizionale della CEDU (art. 1).

Secondo una interpretazione costituzionalmente e “convenzionalmente” orientata, il Tribunale del Riesame di Padova, letti gli stralci delle conversazioni tra il commercialista e alcuni cittadini extracomunitari, valutata in concreto l’idoneità rappresentativa di cartelline e server rispetto ai reati contestati, ha quindi annullato il decreto di sequestro e disposto la restituzione di quanto di proprietà del legittimo proprietario.

Il sequestro di beni deve essere, pertanto, scrupolosamente motivato al fine di consentire una verifica sulla legalità, in ordine all’an e al quantum di durata, della misura stessa.